2023 - Progetto "La Musica come cura: percorsi musicali per i nostri ospiti"

Ultima modifica 13 luglio 2023

La musica muove qualcosa nel profondo.

E, in senso anatomico e funzionale, il “profondo” sta nella parte più intima del cervello, l’ipotalamo, che è il crocicchio in cui lo spirito e il corpo, per così dire, si toccano e si compenetrano...

il punto d’incontro delle vie pulsionali principali.

Panizon (maggio 1997)

 

UNO SGUARDO ALLA LETTERATURA

I benefici offerti dalla musica alla popolazione anziana sono ampiamente dimostrati da una letteratura vasta e diversificata. Oltre agli studi in ambito musicoterapico che dimostrano significativi effetti su pazienti affetti da demenzaictus e malattia di Parkinson, negli ultimi anni si sono moltiplicate evidenze anche rispetto ai benefici offerti dalla partecipazione culturale e da attività incentrate sui contenuti artistici della musica. 

Cantare, suonare con altre persone o studiare uno strumento musicale può incrementare autostima, motivazione, energia e relazioni interpersonali, offrendo agli anziani benefìci a livello cognitivo e fisico.

Anche ascoltare musica fa bene, in quanto può aiutare gli over 65 a mantenere contatti con la propria identità, offrendo emozioni appaganti e supporto psicologico e spirituale, mentre assistere regolarmente a concerti può ridurre ansia e solitudine, generando sensazioni di felicità, stupore e gratitudine. Questi risultati sono in linea con il concetto di invecchiamento attivo proposto dall’OMS nel 2002, secondo cui è necessario aiutare la persona anziana a realizzare il proprio potenziale in termini di benessere fisico, sociale e mentale considerando attentamente i suoi desideri, bisogni e capacità.

22.06.39

Panizon (1997) ha focalizzato il suo studio e la sua ricerca sulle proprietà taumaturgiche del canto, sia in quanto atto fisico non privo di fatica e, perciò, per molti versi simile a un esercizio sportivo, sia perché regolare il tono, il timbro e il ritmo della voce comporta un autocontrollo su funzioni (il respiro e i movimenti della lingua e della glottide) che solitamente non affiorano alla coscienza, perché affidate al sistema nervoso autonomo. Un po' come con lo yoga, chi canta si avvicina, così, all'introiezione del locus of control, quella consapevolezza di "poter far qualcosa per il proprio corpo" che è parte integrante del potere di auto-guarigione.

Nella sua accezione più stretta, però, la musicoterapia non punta sull'aspetto affettivo, estetico o evocativo della musica, bensì sui suoi parametri strutturali, partendo dall'assunto che particolari suddivisioni ritmiche o armonie possano agire sulla connettività tra aree lesionate: per esempio, si è visto che, nel morbo di Parkinson, un ritmo come quello del tango può contribuire a riabilitare l'andatura. Il concetto di ritmo, ossia della successione degli accenti sonori nel tempo, è soggetto a differenze culturali e, nella musica occidentale, i ritmi sembrano derivare dalla musica-poesia della civiltà greca. Tuttavia, due recenti studi, dell'Università di Harvard e dell'Università di Vienna, pubblicati su Science, riaprendo un campo di ricerca etnografica che per primo aveva esplorato Carl Stumpf a Berlino all'inizio del ventesimo secolo e che fu stroncato dall'avvento del nazismo negli anni trenta, hanno trovato in 315 diverse culture caratteristiche musicali coerenti con tratti psicologici simili in contesti simili (per esempio, le note per la danza o nei canti di guerra sono più ravvicinate che nelle ninne nanne e nei canti d'amore).

L'aspetto affettivo-emozionale di un brano musicale è molto rilevante quando si tratta di anziani con deficit cognitivi più o meno acclarati. In uno studio condotto a Taiwan, a una trentina di anziani affetti da demenza e residenti in casa di riposo è stata offerta una mezz'ora pomeridiana di ascolto della loro musica preferita, due volte la settimana per sei settimane: al termine dell'esperimento, il loro livello di ansia era molto inferiore di quello di altrettanti anziani di pari condizione psicofisica e stato coniugale, ma accuditi senza l'inserto sonoro. La musica, in questo caso, potrebbe agire non in via diretta, secondo moduli cerebrali specie-specifici, ma in via indiretta, persona-specifica, agganciando e portando in superficie un ricordo gradevole sommerso. Se così fosse, le note costituirebbero una sorta di elemento narrativo da aggiungere alle storie di vita vissuta (scritte od orali) in quella che viene chiamata "terapia della reminiscenza".

La Reminiscence therapy, codificata dall'American Psychological Association (APA), è stata teorizzata all’inizio degli anni sessanta del secolo scorso dallo psichiatra e geriatra Robert Neil Butler, primo direttore dello statunitense National Institute on Aging e vincitore di un premio Pulitzer nel 1976 con il saggio Perché sopravvivere? Essere vecchi in America, che metteva in luce le difficoltà degli anziani (povertà, fallimento del sistema di sicurezza sociale, isolamento sociale) nella società americana. Butler aveva capito che la tendenza degli anziani a rievocare le esperienze del passato doveva essere considerata non un segnale del loro declino cognitivo, ma una risorsa di cui avvalersi per migliorare il loro umore, per limitare l'isolamento e rinforzare l'autostima e il senso d'identità.

La musica rappresenta quindi un supporto per mantenere un senso di continuità con il proprio passato e la propria identità, in quanto aiuta a ricordare persone importanti e momenti e periodi della vita significativi.

La musica è considerata una risorsa preziosa anche per il suo forte impatto in termini di emozioni e benessere. Essa è infatti in grado di provocare emozioni intense e per lo più positive come gioia, svago, energia, sostegno spirituale e appagamento estetico. In questo modo essa costituisce una risorsa in grado di migliorare l’umore e offrire supporto nei momenti di tristezza. Le dichiarazioni di alcuni intervistati suggeriscono che l’importanza della musica sia aumentata con il passare degli anni, perché aiuta ad affrontare le difficoltà collegate ai processi di invecchiamento e risulta più accessibile rispetto ad altre forme creative.

 

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Dallo studio della letteratura recente e dall’analisi dei numerosi anni di esperienza nella cura alle persone anziane, si è pensato di strutturare un vero e proprio progetto che avesse al centro la musica come strumento di benessere, ma che si potesse muovere su più piani, su più livelli, attraverso diverse proposte e specifici percorsi musicali.

I tre filoni partono da tre aspetti fortemente connessi con lo stimolo musicale:

  1. L’ascolto
  2. Il ricordo
  3. Il movimento

 

  1. CONCERTIAMO

Il Centro Servizi alla Persona “Domenico Sartor” da tempo offre ai suoi ospiti delle occasioni in cui poter ascoltare concerti dal vivo di musica popolare, musica leggera, musica lirica e musica classica.

Questo è stato e sarà ancora possibile grazie alla preziosa collaborazione con il Conservatorio “A. Steffani”, il Liceo Musicale “Giorgione”, scuole di musica private, associazioni culturali e diversi professionisti del territorio.

 

  1. UNA CANZONE, UN RICORDO, UN’EMOZIONE…

Gli ospiti verranno condotti dalle nostre educatrici, psicologhe e logopediste in un viaggio carico di ricordi ed emozioni, attraverso il quale poter ricavare diversi benefici: calmare l’ansia, stimolare l’attenzione, rievocare la memoria autobiografica, condividere.

Si tratta di un percorso ha come obiettivo principale quello di rievocare ricordi personali, immagini e stati d’animo e di favorire l’apertura all’altro e la condivisione.

Si partirà, di volta in volta, da una canzone che appartiene al bagaglio culturale comune, per poi, attraverso diversi stimoli, andare a favorire la partecipazione attiva degli ospiti coinvolti.

Al fine di favorire il senso di appartenenza e la condivisione dei vissuti personali da parte degli ospiti, è necessario creare gruppi omogenei (per quanto riguarda l’età e le capacità cognitive) e non troppo numerosi (10-12 persone per gruppo).

Trattandosi di un’attività strutturata, a cadenza settimanale, si ritiene opportuno valutarne gli effetti sia sulla sfera cognitiva sia sul piano emotivo. Pertanto, i partecipanti saranno sottoposti alla batteria di valutazione.

22.06.4

3. DANZIAMO!

Sempre nell’ambito del filone musicale, continuerà ad essere proposto nei vari nuclei il laboratorio di danza condotto da un’insegnante professionista.Questo tipo di attività si è visto che impatta positivamente sullo stato d’animo degli ospiti, dei familiari e del personale. Oltre a favorire il buonumore, stimola la riattivazione muscolare e le capacità cognitive che governano l’attenzione e la capacità di imitare e coordinare i movimenti del corpo.

22.06.17